Storia di un dipendente in finta malattia

Gli abbaglianti illuminavano un lungo rettilineo della via Aurelia, nel tratto che attraversa il grossetano, mentre l’auto procedeva decisamente oltre il limite di velocità. Era ancora buio, ma in lontananza si iniziava ad intravedere la luce del giorno che stava arrivando. Sul sedile del passeggero il mio collaboratore dormiva tranquillo da quando eravamo partiti da Roma. Aveva terminato un altro servizio a tarda notte e praticamente era riuscito a tornare a casa un’ora prima che io lo passassi a prendere. Dovevamo cercare di arrivare prima delle sette, secondo il navigatore eravamo leggermente in ritardo.

Il motivo del sospetto

Pochi giorni prima ero stato contattato dal responsabile del personale di un’azienda che sospettava che un loro dipendete fingesse di essere malato. L’uomo, in forza ad una sede dislocata in un’altra regione, viveva in un piccolo paesino situato in una zona montuosa e non si recava a lavoro da diversi mesi a causa di un’infortunio che gli impediva la deambulazione. Il sospetto dell’azienda nasceva da una “soffiata” di un altro dipendete che aveva riportato ad un responsabile di zona di aver visto l’infortunato ad una fiera di paese mentre si scatenava in balli di gruppo.

Le difficoltà dei piccoli paesi

Solitamente quando si assume un incarico che prevede di recarsi in zone isolate, aree rurali o paesini di poche anime, il nostro lavoro diventa estremamente complicato. Infatti essere discreti è praticamente impossibile, chiunque noterà un’auto che rimane per ore posteggiata in posizione defilata con a bordo un paio di persone. Perciò una volta arrivati sul posto, identificata l’abitazione del soggetto d’interesse e valutati i possibili scenari, si cerca di approntare la strategia migliore.

In quel caso la situazione era veramente drammatica…un paese piccolissimo, arroccato su un cocuzzolo con una sola piazza che ospitava l’unico bar esistente ed ovviamente l’unico punto di aggregazione.

Quasi sempre si riesce a trovare una soluzione, a volte serve solo un pochino di fortuna

Tuttavia la fortuna volle che a quell’ora del mattino proprio in piazza ci fosse un posteggio libero in un angolino a fianco di una piccola siepe. Potevamo intanto rimanere in auto, ben abbassati sui sedili ed osservare dagli specchietti la piazza alle nostre spalle; avremmo potuto capire qualcosa sulle dinamiche del paese e se fossimo stati ulteriormente fortunati vedere anche la persona che ci interessava. Avremmo comunque tenuto d’occhio tutti i passanti per valutare se qualcuno ci avesse notato e quando e se fosse stato necessario, ce ne saremmo andati nella maniera più discreta possibile.


Fummo ancora una volta fortunati, dopo un paio d’ore eravamo riusciti a notare il nostro uomo con passo svelto mentre attraversava la piazza ed entrava al bar per fare colazione. Poco dopo lo vedemmo uscire per fumare una sigaretta per poi intrattenersi una ventina di minuti con degli uomini in piazza prima di rientrare in casa. Decidemmo di non muoverci, nessuno sembrava aver fatto caso alla nostra presenza e valeva la pena rischiare. Il nostro uomo tornò al bar dopo pranzo, prese un caffè e poi aprì una della auto posteggiate in piazza per prendere un pacchetto di sigarette, ottimo! Adesso sapevamo anche come si sarebbe potuto muovere, decidemmo di non rischiare ancora e ci allontanammo per continuare a sorvegliare la strada che consentiva di lasciare il paese, ma non accadde nulla. Ci trovammo un piccolo hotel ad una ventina di chilometri per tornare il giorno seguente.

La mattina successiva riprendemmo l’osservazione, l’auto del nostro uomo si trovava in piazza e nessuno sembrava aver notato la nostra presenza. Più tardi il soggetto lasciò l’abitazione e si allontanò con l’auto. Dopo alcuni chilometri prese un viottolo che si addentrava nel bosco, noi rimanemmo a debita distanza. Pochi minuti dopo trovammo l’auto posteggiata senza nessuno a bordo, fortunatamente notammo subito un sentiero dove dopo alcuni minuti rintracciammo l’uomo con il classico cestino che si usa per raccogliere i funghi. Il sentiero s’inerpicava ripido su una collina, il tempo di scattare alcune foto con il teleobiettivo per documentare come l’uomo si muovesse con agilità e poi tornammo all’auto, era meglio non farsi notare. Qualche ora dopo lo fotografammo di nuovo anche in piazza dove andò per prendere un aperitivo al bar e dove lo vedemmo anche regalare alcuni dei funghi raccolti ad una simpatica vecchietta seduta su una panchina.

Nelle settimane seguenti tornammo sul posto altre due volte, ed in ogni occasione raccogliemmo elementi utili a dimostrare che l’uomo non sembrava avere alcun problema nel deambulare e se ce l’aveva non faceva nulla per riguardarsi.

Quando l’azienda presentò al dipendete il rapporto informativo, questi non resse alla pressione e confessò immediatamente.

Eventuali similitudini con situazioni in cui qualche lettore si possa identificare sono puramente causali, i racconti dei “case history” si ispirano a fatti realmente accaduti, ma volutamente modificati per proteggere la riservatezza dei nostri clienti ma contemporaneamente rappresentare una plausibile realtà di lavoro.

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